Sergio Veschi–Red Records production

Intervista a Sergio Veschi, patron della Red Records.

veschi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 – Come e quando si diventa produttori di dischi jazz.

 Sergio: Lo sono diventato casualmente grazie ad un incontro ad Umbria Jazz con Alberto Alberti nei lontani primi anni 70. E’ stato lui a trascinarmi in questa avventura. Avrei potuto sottrarmi con il senno di poi, forse sarebbe stato meglio, ma non l’ho fatto.

2- A che età hai iniziato ad ascoltare jazz e in quale occasione.

Sergio: a 13/14 anni, a casa di un professore che mi dava ripetizioni di francese. Ascoltava Clifford Brown e Sidney Bechet è li che ho scoperto il jazz che da allora è diventato la musica della mia vita.

3- Il tuo primo disco prodotto e perché proprio quello.

Sergio: i miei primi dischi sono stati registrati nell’ambito della politica culturale che faceva il Movimento Studentesco dell’Università Statale di Milano. Furono le registrazioni di un Festival del Jazz italiano che organizzai, per conto del movimento, nell’aula magna dell’Università che ebbe un grande successo di pubblico. Da quel festival furono ricavati diversi concerti live di Gaslini, Schiano, Mazzon e una antologia in due volumi dal titolo Nuove Tendenze dal Jazz Italiano.

4- Il disco che avresti voluto produrre ma che ancora non hai realizzato.

Sergio: nell’82 forse avremmo avuto la possibilità di registrare Wynton Marsalis quando era solo da alcuni mesi nel gruppo di Art Blakey assieme a Bobby Watson. Per una serie di ragioni, soprattutto di carattere economico, non fu possibile farlo.

5- Un tuo disco che consiglieresti ad un neofito jazzofilo e il disco quello che consiglieresti ad un navigato appassionato.

Sergio: Ce ne sono più di qualcuno. Per il neofita “Appointment in Milano” o il trio di Cedar Walton. Per i jazz fan navigati il cd di Markelian Kapedani o quello degli SPHERE e cioè Kenny Barron, Charlie Rouse, Buster Williams, Ben Riley.

6- Quanti dischi hai prodotto e per quale porteresti su un’isola deserta? (indicane uno solo)

Sergio: non ricordo il numero preciso, sicuramente più di 200, diversi dei quali sono nelle discografie selezionate di riferimento dei musicisti e altri fra i selected recordings della Penguin Guide of Jazz. Nell’isola deserta per motivi sentimentali mi porterei “Appointment In Milano” di Bobby Watson con il trio di Bassini, Zanchi e Prina. Ma uno solo è troppo poco in ogni caso.

7- Quali sono i dischi che hai prodotto che per varie ragioni si sono però discostati dall’originaria idea progettuale?

Sergio: Non avevamo un’idea specifica. Dopo il primo necessario periodo di apprendistato abbiamo capito che la qualità artistica prima e tecnica poi è l’elemento indispensabile perché la musica duri nel tempo. Non contano le mode ma la qualità intrinseca del prodotto indipendentemente dalla razza, nazionalità e cultura. Sulla base di questo principio abbiamo registrato dischi di ogni parte del mondo: Albania, Argentina, Brasile, Sud Africa, Italia, Francia, Germania, Stati Uniti con musicisti sia della East che West Coast. Lasciamo liberi i musicisti di esprimersi liberamente entro una cornice concordata ma a maglie larghe. Sulla base di questo principio non abbiamo avuto mai delle delusioni anche se ci sono, ovviamente, quelli più riusciti e quelli meno o quelli che ci piacciono di più di altri.

8- Come collega chi stimi a livello produttivo? (ammessi anche produttori stranieri)

Sergio: i produttori delle etichette piccole e grandi che hanno fatto la storia del jazz a cominciare da Alfred Lion e Francis Wolf della mitica Blue Note a Lester Koenig della Contemporary e gli altri della Atlantic, Impulse, Prestige, Xanadu, etc. Fra i contemporanei il produttore della High Note/Savant, Criss Cross, Sunnyside, Max Jazz.

9- Qual è il tuo disco di maggior successo?

Sergio: ce ne sono diversi: Chet Baker “At Capolinea”, Bobby Watson “Love Remains” e “Appointment in Milano”, i due trii di Joe Henderson. Questi CD sono tutti sullo stesso livello di vendite più o meno. Fra gli italiani il cd di Piero Bassini “Nostalgia” che nonostante la scarsa popolarità piace molto agli ascoltatori.

10- Quale consiglio daresti- data la competenza, professionalità ed esperienza acquisite- ad un giovane che volesse intraprendere la professione di produttore discografico?

Sergio: direi di lasciar perdere oggi. Ma se proprio lo vuole fare di puntare sulla qualità sia tecnica e soprattutto artistica. Oggi si vedono sul mercato un eccesso di dischi assolutamente inutili. Questa inflazione di prodotti ha generato fra l’altro la diffidenza e relativa disaffezione del pubblico verso gli stessi.

Lascia un commento